E sui nuovi strumenti di controllo e prevenzione a disposizione dello Stato è intervenuto Giuseppe Maresca, DG Direzione V - Prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario per fini illegali (Ministero dell'Economia e delle Finanze), che vede nella raccolta e nell’utilizzo dei dati un’arma importante nella lotta
contro le mafie: «Le statistiche servono per fini operativi e per fini conoscitivi. Solo dopo una giusta consapevolezza del fenomeno si possono trovare gli strumenti adatti per reprimerlo. Ma ancora c’è molta
strada da fare perché a oggi manca una solida analisi dei dati». Maresca ha ricordato, infatti, come il recente rapporto dell’Unione europea sulla corruzione ha certificato che nel nostro Paese, il fenomeno
frutta un giro d’affari di oltre 60 miliardi. Un dato questo che, però, non si basa su nessuna ricerca scientifica dei dati: «Come Ministero dell’Economia stiamo completando un collettore di banche dati che
vada ad rendere più efficiente la raccolta delle informazioni, permettendo al contempo di combattere il problema del furto d’identità. Abbiamo chiesto a enti pubblici, come il Ministero dell’Interno o l’Agenzia delle Entrate, di poter accedere alle loro banche dati per controllare istantaneamente i documenti con cui i soggetti che si presentano, ad esempio, allo sportello bancario, siano veri o falsi. Il tutto inserendo in una macchina il documento, che viene comparato istantaneamente con tutte le banche dati collegate». Di grande interesse è stato anche l’intervento di padre Luciano Larivera, del Collegio degli scrittori - economia de “La Civiltà Cattolica”, che ha fornito la visione della Chiesa sulla lotta alla criminalità organizzata, sottolineando l’importanza della prevenzione e della repressione del fenomeno della corruzione. Un fenomeno che si può contrastare solo attraverso «una sfida educativa da parte delle istituzioni» che parta dal basso perché la criminalità organizzata conosce molto bene il territorio: «Serve un’intelligence più attiva che stia vicino realmente all’individuo e occorre potenziare gli strumenti di controllo, come l’Antitrust». E a portare una fotografia reale dell’economia illegale sul territorio italiano sono intervenuti Andrea Mazzitelli (Responsabile Centro Studi Associazione Res Magnae) e Paolo Cortese (Responsabile osservatori economici Istituto Guglielmo Tagliacarne), che con dati statistici alla mano hanno evidenziato come negli ultimi anni ci sia stata un’estensione della criminalità organizzata anche in quelle aree geografiche che tradizionalmente sembravano estranee al fenomeno mafioso, come le regioni del Centro-Nord. Il tutto mettendo in evidenza qual è la reale incidenza della criminalità organizzata sull’economia territoriale e in particolare sulla competitività fra imprese, attraverso la comparazione dei dati delle camere di commercio di Palermo Reggio Calabria e Catanzaro. È stata poi la volta di Massimo Bachetti, dell’Avvocatura Generale dello Stato, che ha posto una lente d’ingrandimento sull’esplorazione dei dati nel contenzioso fra pubblico e privato, in grado di far emergere i fenomeni di criminalità organizzata e corruzione. A tirare le somme della tavola rotonda, moderata da Francesco Vitale dell’Ufficio del Garante per la Protezione dei Dati Personali è intervenuto, infine, il Segretario Generale dello stesso Garante, Giuseppe Busia, che ha ricordato come l’utilizzo dei dati personali sia la materia prima su cui si basano le nuove forme di criminalità organizzata ma che allo stesso tempo è la forme più sofisticata di contrasto al fenomeno: «L’utilizzo delle nuove tecnologie ha ampliato la raccolta delle informazioni, prendiamo ad esempio la nascente banca del dna o la grande raccolta di dati che derivano dal web». Una raccolta dei dati che non può prescindere però dal rispetto dei diritti dell’individuo: «Al contrario di quel che si pensa – ha concluso Busia - non c’è una contrapposizione fra sicurezza e tutela della riservatezza ma c’è una necessaria complementarietà. Occorre sempre ricordare che dietro ogni dato c’è un individuo, c’è un cittadino comune che può vedere, per un uso poco accurato dei dati, calpestati i propri diritti».